Jacopo Ernesto Gasparrini

 
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The project — 
Images suck
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Graphic Design? 
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Who?
Visual Artist.
Born and raised in Rome, 1993.
BA in Design and Visual Communication, Politecnico di Torino, Turin, Italy.
MFA in Painting, Accademia di Belle Arti di Brera, Milan, Italy.
Mark
2020 –
    Ilaria Leonetti


Non siamo in grado di farne a meno anche se non ha alcun valore.

La società delle immagini è sia quella dell’intrattenimento ma, anche e soprattutto, quella della sorveglianza. Dove l’invisibile diventa visibile questa assume valore derivante da precostrutti intrinsechi a meccanismi, ai più, ignoti. Fra rivoluzioni digitali e una economia basata su un sistema capitalista sempre più esacerbato ci ritroviamo invischiati in un mondo che, in seguito alla rivoluzione digitale, è sovrappopolato da immagini di ogni tipo, nel quale chiunque può essere sorvegliato ventiquattro ore al giorno e nel quale non sembra più esistere privacy.  

Attraverso le azioni quotidiane che svolgiamo sui social, come ad esempio postare un’immagine su Instagram, non facciamo altro che consegnare in pasto a società di controllo dati preziosi su chi siamo, quali sono i nostri gusti, cosa ci piace e cosa non ci piace. Divenendo noi stessi al tempo stesso sia vittime che carnefici. Siamo noi a condividere in rete le nostre immagini, i nostri dati e parte della nostra vita privata. In questo clima degno delle più fantasiose distopie, cosa può rappresentare una soluzione? Gli strumenti digitali possono divenire, oltre che uno strumento di controllo, una via di fuga?

Siamo noi a decidere cosa diffondere in Internet ed è da questo che dobbiamo ripartire per renderci meno vulnerabili. Sfruttando la rete nel modo giusto saremmo in grado di imparare a gestire la nostra visibilità̀ a confonderci e confondere, usando a nostro favore la proliferazione incontrollata di immagini.  In questo senso il lavoro di Jacopo Ernesto Gasparrini si muove su una linea che contrasta direttamente il concetto di autorialità artistica servendosi dell’ausilio dei nuovi media per la creazione dei propri lavori. Ispirandosi agli strumenti propri del marketing, in particolare l’automazione dei dispositivi digitali, imita il meccanismo di condizionamento. Gli agenti che conoscono il nostro nome, i nostri gusti e preferenze meglio di noi stessi sono in grado di attirare la nostra attenzione e convincerci della coscienza e originalità delle nostre prese di posizione.

In questo senso non si tratta altro che di tecniche di marketing, certamente raffinate e all’avanguardia ma nulla più di questo. I nostri gusti sono dettati nient’altro che da motivazioni estrinseche volte a compiacere l’altro. La ricerca di gratificazione e accettazione ci spinge, però, all’autoconvincimento della genuinità dei nostri interessi. La serie di progetti riguardanti i trofei ha origine direttamente da questo pensiero: la vittoria, in ambito sociale, non è altro che un mero inganno.

La serie dedicata ai trofei nasce inizialmente tramite la creazione di tele utilizzando stagno e opere raffiguranti coppe realizzate con mollica di pane e didò. Materiali poveri che sottraggono valore al significato della raffigurazione: il trofeo è simbolo di vittoria ma è un oggetto compromesso fin dal principio, essendo destinato alla decadenza prossima. Si trattava, però, di oggetti dotati di un valore artigianale. Continuando la ricerca Gasparrini ha deciso di estromettere il ruolo dell’artista come creatore in modo da sottrarre ulteriormente valore al significante. Attraverso l’utilizzo di tecniche di Intelligenza Artificiale (AI) l’artista non è più il creatore manuale dell’opera d’arte, estromettendo così la valenza autoriale del gesto artistico.

L’AI è in grado di generare opere d’arte completamente diverse fra loro ma allo stesso tempo assolutamente equivalenti e sostituibili. In questo senso la forma, qualunque essa sia, perde il suo significato originale in quanto l’opera è realizzata da una entità che non ha coscienza di cosa significhi il concetto di vittoria. I trofei esistono solo in funzione di una gratificazione personale, dettata dalla nostra sete di affermazione e di autocompiacimento, che con la proliferazione dei nuovi social media è sempre più irrefrenabile in quanto siamo posti sempre più sotto i riflettori. La continua esposizione ai giudizi e la facilità con la quale accediamo a informazioni sugli altri tramite i social ci rendono vulnerabili e in costante conflitto con l’immagine che abbiamo di noi stessi, acuendo la necessità di comparazione e superiorità, seppur fittizia. Allo stesso modo i trofei realizzati da Gasparrini tramite l’ausilio di AI e stampati in 3D divengono simulacro di una vittoria e affermazione solo apparente.

Si muove sulla stessa linea l’ultimo progetto in progress “Soft Spam”, imitando le tecniche di vendita più aggressive, ovvero le mail di spam che ci ritroviamo nella posta indesiderata, Gasparrini crea dei lavori sotto forma di testo che sembrano creati appositamente per chi le riceve, gratificando l’ego personale sempre alla ricerca di unicità e specificità. L’idea che qualcuno abbia impiegato il proprio tempo a scrivere una mail appositamente per una persona in particolare si ricollega all’idea di come si sia sempre alla ricerca di attenzione e contemporaneamente, sovrastati da quella prodotta dai social media, vi si rifugga.